Lo scorso 12 febbraio ISPRA e ARPA
Sicilia, su richiesta del MATTM, hanno effettuato un sopralluogo sul
sito di Tirrenoambiente per valutare l'efficienza dei presìdi di
monitoraggio esistenti e determinare gli impatti sulle diverse
matrici ambientali
Non smette di incombere sulla
tranquillità degli abitanti dei centri vicini la minaccia della
“collina della munnizza”, che con i suoi 3,2 milioni di metri
cubi è una bomba ecologica e rischia di
collassare.
Un danno ambientale che un’azienda
inadempiente e in liquidazione asserisce di non essere in condizione
di affrontare. Com'è noto, fin dallo sversamento del 5 aprile dello
scorso anno, è la Regione, con già ben quattro interventi
sostitutivi in danno di Tirrenoambiente e Comune di Mazzarrà, a
garantire lo smaltimento del percolato prodotto dalla discarica.
Impermeabilizzazione non idonea
Un recente rapporto dell’Ispra,
l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale,
redatto a febbraio 2018 su richiesta
del ministero dell’Ambiente, il cui intervento è stato sollecitato
a vari livelli istituzionali, ha evidenziato come “l'attuale stato
della copertura provvisoria non garantisce l'impermeabilizzazione dei
rifiuti”.
Infatti per i tecnici il materiale
utilizzato per la copertura non “risulta idoneo a garantire
l'isolamento dei rifiuti e presenta numerose discontinuità, in molte
parti risulta ammalorata e alcune porzioni risultano ancora
scoperte”.
Non solo, manca anche “un idoneo
sistema di raccolta e regimentazione delle acque meteoriche e le
stesse senza alcun trattamento confluiscono all'interno del torrente
Mazzarrà, con evidente rischio di contaminazione potenziale”.
Fattori questi che secondo l'ISPRA
comportano l'aumento della produzione giornaliera di percolato.
La discarica è instabile e rischia
di collassare
Esaminando poi le condizioni attuali
del corpo di discarica il sopralluogo ha evidenziato come “la
discarica presenta dei fronti di instabilità”.
Alcune porzioni della stessa
“presentano fronti prossimi alla verticalità la cui stabilità è
garantita esclusivamente dalla presenza del telo di copertura”.
Sono inoltre presenti “alcune aree in condizione di collasso
strutturale e altre, in condizione di collasso strutturale
incipiente, particolarmente evidenti nella zona a valle”.
Tutto ciò, secondo i tecnici del
ministero, ha reso “inutilizzabile la rete piezometrica interna di
monitoraggio del percolato, la rete inclinometrica e, almeno
parzialmente, la rete sub-orizzontale di captazione del biogas e di
drenaggio del percolato”.
Tutto il fronte dei rifiuti in
corrispondenza della pista che risale lungo la “collina”, che
fino al novembre del 2014 veniva percorsa da centinaia di
autocompattatori, “ha subito un innalzamento comportando il
contatto diretto del fronte dei rifiuti con la roccia affiorante
sottostante che ha determinato la fuoriuscita di percolato”:
Questo fenomeno ha determinato anche la
totale occlusione della bocca del pozzo di sottotelo, il cosiddetto
pozzo spia, rendendo “indisponibile il presidio che, nel recente
passato, ha permesso di valutare lo stato delle acque di sottotelo,
nonché l'emungimento e l'allontanamento delle acque stesse”.
Inefficace ed inefficiente il
monitoraggio delle acque di falda
Un paragrafo molto importante della
relazione riguarda poi l'interazione del corpo discarica con le acque
sotterranee.
Dalla documentazione analizzata dai
tecnici di ISPRA e ARPA Sicilia, “non emergono evidenze dirette
dell'interazione del corpo della discarica con le acque sotterranee”.
Tuttavia il rapporto rileva anche come “non esistano presìdi che
possano, in qualche misura, definire lo stato di conservazione
dell'impermeabilizzazione di base e la qualità delle acque
sotterranee”.
Se le analisi finora effettuate da ARPA
Sicilia non hanno evidenziato superamenti delle concentrazioni soglia
di contaminazione (CSC, ndr) nei piezometri considerati quali presìdi
di discarica, quelli esistenti, come già affermato in precedenti
note di ARPA Sicilia e ISPRA, “presentano caratteristiche di
inefficacia e parziale inadeguatezza, per errate o non idonee
caratteristiche costruttive”.
È stato infatti rilevato come i
piezometri esistenti siano ubicati “quasi esclusivamente”
nell'acquifero costituito dai depositi alluvionali terrazzati del
torrente Mazzarrà, caratterizzati da ghiaie e sabbie limose.
Una parte della discarica poggia su un
altro tipo di depositi, totalmente diversi per natura e
caratteristiche chimico-geotecniche. “Tali depositi – sottolinea
il rapporto – potrebbero essere sede di una falda, la cui presenza,
le caratteristiche e i rapporti geometrici con il corpo rifiuti e con
la falda ubicata nell'acquifero alluvionale non risultano essere
stati né indagati, né tantomeno definiti”.
Motivi che rendono, a detta dei
tecnici, “parzialmente inefficace ed inefficiente al monitoraggio
della qualità delle acque di falda” la rete esistente dei
piezometri.
I risultati delle analisi effettuate
sulle acque del pozzo spia “inducono a ritenere che le stesse siano
contaminate da percolato”.
Le prime misure di prevenzione e
messa in sicurezza
Viste quindi le condizioni in cui versa
la discarica ISPRA e ARPA Sicilia individuano le prime misure di
prevenzione e messa in sicurezza volte a scongiurare un danno
ambientale.
Data la situazione desunta dal
sopralluogo i tecnici di ISPRA e ARPA Sicilia ritengono debbano
essere realizzati “nel più breve tempo possibile” una serie di
interventi tra cui la impermeabilizzazione di tutte le aree della
discarica con adeguati materiali, ovvero i teli in HDPE, in modo da
garantire l'isolamento dei rifiuti dall'ambiente esterno e
minimizzare le infiltrazioni di acqua. Realizzare una rete di
regimentazione ed allontanamento delle acque meteoriche. Rimuovere il
percolato all'interno del corpo di discarica e svuotamento della
vasca di raccolta e stoccaggio dello stesso adiacente al piede della
discarica.
Riprofilatura dei rifiuti abbancati in
modo da ridurre le pendenze e consolidamento del rilevato in terra
rinforzata mediante paratie o interventi di analoga efficacia, al
fine di contrastare i fenomeni di instabilità della discarica.
Inoltre, se “dovessero essere
accertati fenomeni di contaminazione della falda in atto dovrà
essere attivata una barriera idraulica a protezione della stessa”.
Necessari, infine, l'esecuzione di
monitoraggi con cadenza mensile, per almeno un anno e un monitoraggio
topografico continuo h24 del corpo discarica.
“Qualora – avvertono i tecnici –
dovessero emergere rilievi oggettivi di compromissione delle matrici
ambientali”, dovranno essere avviate le procedure di legge volte a
definire e redarre un progetto di bonifica o messa in sicurezza
permanente.
Ovviamente non ci si può non chiedere
chi dovrà sostenere i costi di questi interventi.
A tal proposito dagli uffici competenti
della Regione fanno sapere come si ritenga “indispensabile che il
Liquidatore pro tempore si attivi con l'urgenza che ricorre per
reperire dai Soci, sia pubblici che privati, nonché dai Comuni
conferitori, le necessarie somme per finanziare un piano di
azioni/opere che portino alla gestione post operativa della
discarica”.
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