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mercoledì 12 aprile 2017

Il “sacco” del Cas


Due anni di ruberie ai danni del Consorzio autostrade siciliane perpetrate da alcuni tra dirigenti e dipendenti. Gli accusati, percependo indebiti incentivi per progetti mai eseguiti, avrebbero sottratto circa 1.300000 euro dalle casse del consorzio. 45 gli indagati alcuni colpiti anche da misure preventive patrimoniali

L’inchiesta che ha colpito oggi dipendenti e dirigenti del Consorzio autostrade siciliane, condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Catania e coordinata dalla procura della Repubblica di Messina, rappresenta il culmine dell’originaria operazione Tekno che, nel novembre 2014, portò all’arresto di otto persone accusate di turbata libertà degli incanti, induzione a dare o promettere utilità e istigazione alla corruzione.
Come precisato da Vincenzo Barbaro, facente funzioni di procuratore capo, l’operazione di oggi “ha preso spunto da alcuni atti processuali relativi a quel processo (Tekno, ndr) ed è stata poi seguita dalla procura, coordinata dal collega Ardita e dalla dottoressa La Rosa, e ci ha consentito di verificare di accertato l'indebita percezione di incentivi progettuali gestiti dalla Consorzio autostradale, per attività di competenza del Consorzio relative a opere progettuali nella maggior parte dei casi non eseguite.”
“In base il verifiche sono state compiute – ha proseguito Barbaro – è emerso che l'incentivo, pari al due per cento per ogni progetto, relativo spesso a progetti mai eseguiti, veniva corrisposto a determinati i funzionari e dirigenti del Consorzio ben individuati e quindi non affidati ad attività professionali esterne.”
Bene individuati, ha precisato il procuratore capo in quanto costituivano “tutto sommato una cerchia ristretta di dipendenti del consorzio” e non venivano inseriti in questa attività altri dipendenti del consorzio stesso. In pratica non “si attuava un sistema a rotazione che coinvolgesse tutti i dirigenti, ma venivano soltanto coinvolti taluni di essi.
In questi progetti il ruolo dominante era quello svolto dal Rup (responsabile unico del procedimento), che gestiva e distribuiva questi incarichi all'interno del Consorzio.
I fatti oggetto dell’indagine della procura peloritana si riferiscono essenzialmente al 2013 anche se il procuratore capo non esclude la possibilità che vengano posti in essere “ulteriori accertamenti per verificare in i periodi successivi” e i reati contestati sono peculato e falso in atto pubblico perché – ha precisato il dotto Barbaro – “il presupposto era che laddove il progetto non era non era stato portato a compimento, vi era un'attività di falsificazione dell'atto pubblico.


“L’indagine è ancora in corso di svolgimento – ha concluso Barbaro – e quindi non possiamo escludere che in prosieguo vi siano ulteriori iscrizioni anche a danno di soggetti che attualmente non sono coinvolti”.

Un sistema collaudato

I dettagli dell’operazione sono stati successivamente illustrati dal dottor Renato Panvino della Dia di Catania.
“Nel 2014 – ha esordito il dottor Panvino – fu fatta luce su un situazione che riguardava gli appalti di servizio e sorveglianza attrezzata nell'autostrada Messina-Catania, Siracusa-Rosolini e Messina-Palermo.”
Gli ulteriori sviluppi di quell’attività di indagine riguardarono “in particolar modo la gestione della attività amministrativa riguardante gli incentivi progettuali”.
“Sono state vagliati – ha proseguito Panvino – oltre settanta settanta progetti che vanno dall'anno 2012 all'anno 2013.”
Progetti che “perlomeno avevano dei vizi o addirittura in alcuni casi erano dei progetti dove mancavano addirittura gli atti. Erano dei progetti che però facevano ricadere a pioggia delle somme di denaro, che sono questi incentivi, che vengono dati ai Rup che a sua volta poi condividono con i propri collaboratori.”
Era un sistema molto collaudato ha evidenziato Panvino.

Tra i dipendenti che sono stati colpiti stamattina dalla misura interdittiva – continua Panvino – c'è un funzionario del Cas che si chiama Sidoti Anna che ricopre anche la carica di sindaco del paese di Montagnareale. Però – ha tenuto a precisare il funzionario della Dia – l'attività non è inerente alla sua attività di primo cittadino di quella città.”

Alcune indicazioni sui presupposti normativi e sulla ricostruzione della attività investigativa sono stati quindi forniti dal dottor Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Messina.
“L’attività di concessione degli incentivi ai dipendenti – ha esordito il dottor Ardita – è disciplinata da una serie di normative che si sono negli anni susseguite e sovrapposte. L'ultima normativa è il decreto legislativo 160 del 2006 all'articolo novantadue il quale stabilisce i criteri in base ai quali le amministrazioni erogano questi incentivi”
Lo scopo normativa – ha continuato il procuratore aggiunto – è quello di determinare una sorta di risparmio interno per le attività svolte dagli enti, nel senso che si vuole in qualche modo consentire che le attività tecniche vengano svolte da soggetti che hanno all'interno dell'azienda un ruolo tecnico e con questo si opera un risparmio perché altrimenti alcune attività di progettazione, esecuzione, direzione lavori verrebbero demandati all'esterno a soggetti che operano fuori dall'azienda”.
“L’indagine – prosegue – parte da una attività più ampia che ha come oggetto una serie di appalti e che hanno portato a degli esiti processuali. Nell'ambito di questa attività sono state svolte delle attività tecniche, intercettazioni telefoniche, e in alcune comunicazioni vi era un riferimento fatto da soggetti porsi al vertice di queste di questa struttura del Cas, i quali tra loro comunicavano per l'appunto la sussistenza di questi fatti molto gravi. Cioè erano essi stessi, avvedendosi della ricorrenza della concessione di incentivi fuori dai presupposti legge o addirittura in assenza di qualunque presupposto comunicavano preoccupati circa la vicenda sotto il profilo del malcostume amministrativo. Della violazione amministrativa che poteva anche essere violazione penale”.
Da qui parte lo spunto investivo che la Dia sviluppa su delega dell'ufficio di procura.
“Cos'è accaduto – conclude Ardita – che quando la Dia va presso gli uffici e chiede l'elenco degli incentivi che sono stati erogati e i progetti per moltissimi di questi progetti non c'è nulla non ci sono documenti a sostegno.”

La tesi investigativa è che un gruppo di funzionari e dirigenti abbia utilizzato la normativa prevista per gli incentivi allo scopo di attingere denaro pubblico e appropriarsene.







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