Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può, pertanto, considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62 del 7/03/2001

Si ricorda però che l’art. 21 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili."

mercoledì 3 febbraio 2016

Operazione antimafia Gotha 6: 13 arresti nel messinese

Ros e carabinieri del comando territoriale di Messina hanno eseguito stamattina all’alba tredici arresti su disposizione del Gip di Messina, De Marco.
Tra i nomi degli arrestati spicca quello del boss storico della famiglia mafiosa barcellonese – una delle espressioni più temibili ed organizzate della mafia in provincia, capace di mantenere rapporti qualificati con cosa nostra palermitana e catanese e con la ‘ndrangheta calabrese – Giuseppe Gullotti, detto l’avvocaticchio, già condannato a trent’anni di carcere perché ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista barcellonese Beppe Alfano, ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1993.
Insieme a Gullotti sono stati arrestati altri esponenti di spicco del medesimo sodalizio criminale, per una serie di efferati omicidi commessi tra il 1993 ed il 2012 nell’hinterland barcellonese: Sam Di Salvo, Giovanni Rao – entrambi arrestati nel 2011 nell’ambito dell’operazione “Gotha” e condannati a pesanti pene detentive – Tindaro Calabrese – già tratto in arresto nell’operazione “Vivaio” del 2008 e che dal 2006 aveva assunto la reggenza della consorteria barcellonese – Carmelo Salvatore Trifirò, Antonino Calderone, Pietro Nicola Mazzagatti, Antonino Calderone, Domenico Chiofalo, Salvatore Chiofalo,Carmelo Giambò, Aurelio Micale.
Un altro esponente della cosca, Angelo Caliri, è stato arrestato a Bruxelles in collaborazione con le autorità belghe, in esecuzione di un Mandato di Arresto Europeo.
Le indagini, coordinate dal procuratore Guido Lo Forte e dai sostituti Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, hanno permesso di far luce su ben quindici omicidi (tra cui un triplice omicidio) ed un tentato omicidio che, nell’arco di quasi un ventennio, hanno contrassegnato le dinamiche criminali dei “barcellonesi”.
L’operazione costituisce un ulteriore, importantissimo sviluppo dell’attività di contrasto condotta negli anni dal Ros e dal Comando Provinciale, sotto la direzione della Dda di Messina, che ha portato al progressivo smantellamento della cosca barcellonese ed alla collaborazione con la giustizia di molti affiliati.
Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori e alle attività investigative di riscontro particolarmente accurate e complesse, è stato possibile individuare gli autori e ricostruire movente e modalità esecutive – talvolta estremamente feroci – di una serie impressionante di omicidi, rimasti finora irrisolti, che tratteggiano, con una lunga scia di sangue, un ventennio di storia della criminalità organizzata barcellonese e testimoniano le spietate logiche attuate per il ferreo controllo del territorio e per la risoluzione dei conflitti interni mediante l’eliminazione di sodali ritenuti scomodi o inaffidabili.
La Gotha 6 ha fatto luce sul triplice omicidio di Sergio Raimondi, Giuseppe Martino e Giuseppe Geraci, ammazzati a Barcellona Pozzo di Gotto il 4 giugno 1993. La loro esecuzione sarebbe stata organizzata per punire le tre vittime, che sarebbero state solite commettere furti nel territorio di Barcellona senza l’autorizzazione della criminalità organizzata locale.
Gli altri delitti riguardano quello di Domenico Pelleriti, freddato a Terme Vigliatore il 24 luglio 1993. La vittima sarebbe stato sospettata di una serie di furti ai danni di un esercizio di vendita di ceramiche e pertanto il boss Gullotti, cui si era rivolto il derubato, avrebbe deciso di punire il presunto autore con la morte. Secondo la ricostruzione fornita dai collaboratori, la vittima sarebba statat sottoposta ad un violento interrogatorio per indurla a confessare il furto, al termine del quale il Gullotti avrebbe concesso un’ultima sigaretta prima di dare il via libera all’esecuzione.
SalvatoreDa Campo, ucciso a Terme Vigliatore il 2 febbraio 1995, avrebbe pagato con la vita perché sospettato di aver fornito ai Ccarabinieri indicazioni sul nascondiglio di Antonino Calderone (all’epoca ricercato).
Invece Carmelo Grasso, ammazzato a Falcone il 10 aprile 1995, avrebbe pagato perché si riteneva avesse avviato rapporti criminali con soggetti catanesi nella zona di Oliveri, con ciò sminuendo il prestigio e l’autorità della locale cosca.
Sempre a Falcone, 5 marzo 1996, venne ammazzato Felice Iannello, sospettato di spacciare droga anche a minorenni nella zona di Barcellona senza autorizzazione, mentre Fortunato Ficarra venne ucciso a S. Lucia del Mela il 1 luglio 1998 perché avrebbe infastidito alcune donne all’intero di un esercizio commerciale locale.
Mario Milici venne ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto il 19 agosto 1998 perché il vertice barcellonese gli imputava di trattenere per sé i proventi delle estorsioni e del gioco d’azzardo. L’agguato sarebbe iniziato presso una stalla nella disponibilità della vittima che, benché ferita, sarebbe riuscita a fuggire a piedi per un breve tratto. Raggiunta e immobilizzato dagli assassini, veniva ripetutamente colpita con la canna del fucile fino a trapassargli il collo.
Antonino Sboto invece fu ammazzato sempre a Barcellona, il 3 maggio 1999, in quanto ritenuto responsabile di alcuni furti non autorizzati dalla famiglia barcellonese, uno dei quali ai danni della sorella di un esponente del sodalizio. L’esecuzione avvenne secondo una precisa e agghiacciante simbologia mafiosa: dopo due colpi di pistola alla testa, gli venivano amputate entrambe le mani. Il cadavere veniva fatto ritrovare il giorno dopo con una telefonata anonima ai carabinieri.
Giovanni Catalfamo ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto, il 29 settembre 1998, perché l’attività di usura a lui attribuita non era tollerata dall’organizzazione mafiosa.
Giovanni Di Paola, giustiziato a Brolo il 6 ottobre 1995), perché sospettato di aver sottratto delle somme dalle casse di una società operante nel settore del calcestruzzo, sulla quale convergevano gli interessi di esponenti mafiosi barcellonesi.
Nunziato Mazzù venne ucciso a Oliveri il 13 dicembre 2005 perché si temeva potesse iniziare a collaborare con la giustizia.
Mimmo Tramontana (nella foto), a capo dell’articolazione mafiosa operante tra Terme Vigliatore e Mazzarrà Sant’Andrea, venne ammazzato a Barcellona il 4 giugno 2001.
I vertici dell’organizzazione criminale barcellonese avrebbero saputo della sua intenzione di voler eliminare Carmelo Bisognano – oggi collaboratore di giustizia – ma all’epoca organico alla famiglia mafiosa barcellonese nonché responsabile dell’area di Mazzarrà e ne avrebbero, pertanto deciso l’uccisione.
Carmelo De Pasquale ucciso a Barcellona il 15 gennaio 2009 perché si riteneva volesse, a sua volta, uccidere Carmelo D’Amico – capo dell’ala militare dei barcellonesi e oggi collaboratore – al fine prenderne il posto in seno al gruppo.
L’operazione di oggi ha consentito anche di dare una risposta a due efferati omicidi che, nel giro di un mese, tra il 1 e il 31 dicembre 2012 sconvolsero la città del Longano: quelli di Giovanni Isgrò e Giovanni Perdichizzi, appartenenti ad una fazione perdente.
Il 27 marzo 2009a Milazzo veniva ammazzato Carmelo Mazza, accusato di praticare attività estorsiva senza l’autorizzazione del gruppo. L’omicidio del Mazza venne ripresa dalle telecamere della palestra dalla quale era appena uscito e testimonia l’estrema freddezza e le capacità militari del gruppo di fuoco impiegato nell’occasione: l’auto condotta dai killer affiancava la vettura della vittima che veniva raggiunta da un primo colpo di fucile. Perdeva, quindi, il controllo del mezzo e sfondava il cancello di recinzione della palestra, andando a schiantarsi sul muro. Qui veniva raggiunta dagli assassini che la finivano con diversi colpi d’arma da fuoco.
Scampò invece all’agguato tesogli il 3 marzo 2011, Carmelo Giambò. Per la cosca Giambò era stato ritenuto colpevole di trattenere per sé i proventi estorsivi raccolti per conto della famiglia ed inoltre si temeva che potesse iniziare a collaborare con gli inquirenti. Al termine di un concitato inseguimento per le vie cittadine, durante il quale i killer esplodevano numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vettura sulla quale viaggiava, il Giambò – che è tra i destinatari dell’ordinanza, poiché gravemente indiziato di due degli omicidi trattati – riusciva a mettersi in salvo presso la Compagnia Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto.

Nessun commento:

Posta un commento